lunedì 27 luglio 2015

un coup de dés...

Preparando il mio intervento al corso per formatori di caviardage di Matera mi sto imbattendo in cose molto interessanti. Eccone una.



domenica 26 luglio 2015

si diventa ciò che si contempla

“L’ombra di Dio […]
è come quella delle vetrate: è ancora luce.
 Non ci sono dunque dentro di noi angoli oscuri
in cui la luce non possa entrare.”

François Garagnon
Quando si dice che le vie del Signore sono infinite non si esagera per niente.
Tempo fa mi sono imbattuta non so come (seguendo una delle ispirazioni del momento) nel sito di Maria Galie, un'iconografa che lavora in Italia e all'estero e tiene corsi a Roma. Dall'anno scorso tenevo d'occhio i suoi corsi intensivi estivi, ma solo quest'anno mi è stato possibile frequentarne uno.
Sono appena tornata e spero solo che la grazia di questi giorni mi accompagni a lungo.

Ho scoperto intanto che Maria è una persona splendida, oltre ad essere un'insegnante generosa e un'artista vera. Sin dal mio arrivo, mi sono sentita catapultata nel mondo che avevo appena lasciato tra le pagine di un libro appena riletto, Joy e la ricerca della felicità: stessa compagnia variamente assortita, stessa campagna, stesse conversazioni... "Fuori dal mondo", per qualcuno. O forse così vicino al mondo "vero" che tutto il resto è solo rumore di sottofondo.

La nostra compagnia è stata effettivamente bene assortita: oltre a Maria, che è rumena, tre maestre elementari (compresa me), una bambina "saggia" che legge Alice in Wonderland, la sua mamma cuoca-iconografa russa, un sacerdote indiano di nome Joy, una ragazza spagnola che lavora in Lussemburgo, una pimpante mamma-pittrice-imprenditrice catanese e, dietro le quinte, un pazientissimo informatico coordinatore specializzato in risotti (ma prima o poi si cimenterà anche lui).

E siccome "Nulla è impossibile a Dio", in questi giorni, la mia mano ha scritto (è questo il termine corretto) l'icona dell'Arcangelo Gabriele. Ecco qualche passaggio della lavorazione:

la preghiera dell'iconografo, che precede il lavoro di ogni giorno

la stesura del bolo armeno
la stesura della foglia d'oro
al lavoro con il bulino
e faticosamente l'aureola è finita!

sabato 18 luglio 2015

L'ultima foglia (e frammenti di mosaico)

In questi giorni ho provato a riflettere e a raccogliere riflessioni sul tema dell'arte. Una manifestazione umana (e divina) così semplice che definirla è talmente complicato...
Ho provato a fare un collage di quello che è venuto fuori...


La definizione più azzeccata forse è quella che mio fratello (a cui chiederò il copyright!) mi ha dato:

"Su cosa non è è cos'è arte"
(da Cammarata V. «Simposio sardo» p.102 vol I ed. Epoché 2013).
"Se parti dicendo
- oh! Ora faccio una figata!
Questa NON è arte.
Se invece fai, poi guardi l'opera ed esclami a gran voce:
- oh! Che figata!
Questa È arte."

E però è stato bello scoprire come tutti i frammenti convergono verso una forte somiglianza tra Arte e Amore, e come entrambi abbiano a che fare con la comunicazione. Ne facciamo esperienza ogni giorno, in effetti, o almeno possiamo farlo se rimaniamo aperti. L'esperienza artistica, come quella amorosa - quando entrambe sono autentiche - è quella di un attraversamento, di una sorta di corrente di energia che non proviene da te, ma ti attraversa (proprio come l'acqua attraversa il letto di un fiume o un canale) ed esce da te. Questo, che in effetti ha tutta l'aria di essere un fenomeno fisico, forse invisibile, ma sicuramente registrabile attraverso i nostri sensi più intimi, accade in molti modi diversi: un esempio classico è quello degli armonici in musica e che mi sono ritrovata, con altre parole, in un libro che ho letto in questi stessi giorni:

“ […] Ho l’impressione che viviamo avvenimenti alla rinfusa e che abbiamo il compito di dar loro un ordine, una successione logica o una continuità. Dobbiamo gestire gli avvenimenti della nostra vita, ed è così che passiamo dal caso al destino. Ascoltate Mozart. Credete che abbia inventato le note musciali? No, certo, le ha messe in ordine per creare un’armonia. E un’armonia diversa da qualsiasi altra. Al punto che sono sufficienti poche note, poi, per evocare l’universo di Mozart.
La nostra vita è così. Non abbiamo niente da inventare. Noi abbiamo da scoprire, da mettere insieme, da creare un’armonia che renderà unica la nostra vita. In questo senso, creare significa manifestare in modo visibile ciò che esisteva già…” 
François Garagnon, Joy e la ricerca della felicità, Ed.Paoline, p.141

Risuonare, vibrare in armonia con l'universo e quanto è in esso, a partire dagli esseri umani che - anch'essi aperti, possono vibrare insieme a noi.

È incredibile come questo messaggio sia scritto ovunque: non lo vedo solo io, vero? Me lo sono ritrovato (riferito all'Amore) in un biglietto poetico pescato alla serata di letture alla Torre di San Nicolò


E in altre parole ancora, quelle di Claudia Fabris (La cameriera di poesia), che ha interpretato (esperienza memorabile di condivisione) la parola Riuscire:

Parole Sotto Sale
Piccolo Vocabolario Poetico 
di Claudia Fabris

Riuscire

Uscire nuovamente
suggerisce con chiarezza
che per riuscire in un'impresa
è decisamente sconsigliato chiudersi dentro
ma si debba piuttosto uscire

da dove?
come?

Da sé stessi, dai propri limiti
Da ciò che di noi conosciamo
come?
In qualsiasi modo a nostra disposizione



E siccome tutto torna, sempre, costantemente e misteriosamente, oggi pomeriggio ho visto per caso un film di Howard Hawks fatto di episodi tratti dai racconti di O.Henry. Il film si intitola in italiano La giostra umana e il narratore è nientemeno che John Steinbeck. Di O.Henry conoscevo solo il celeberrimo Dono dei Magi, ma vale la pena conoscere anche gli altri racconti. Vi suggerisco di guardare (anche se in inglese) l'episodio tratto dal racconto "L'ultima foglia" ("The Last Leaf"): qui l'arte e la vita si intrecciano in modo indissolubile... fino all'ultimo respiro. (Qui trovate il racconto in inglese e qui in italiano)



E se il comune denominatore fosse proprio la PASSIONE?

venerdì 3 luglio 2015

...tra le pagine chiare e le pagine scure...

E qualcosa rimane / tra le pagine chiare e le pagine scure...
Francesco De Gregori, Rimmel
Quello che sto per raccontarvi è un vero atto da (p)artigiano della bellezza.
I miei frequentano negozi di libri usati. Ce ne sono sempre di più e a dir la verità il reparto dei libri è solo una piccola parte: la maggior parte degli oggetti proviene da case svuotate più o meno tristemente, soprattutto a causa di trasferimento dell'occupante nell'aldilà.
Tra questi libri, ieri, mia madre ha notato un nome e mi ha avvertito. Così stamattina sono andata a vedere. Conoscevo A.M.A. perché molto amica della mia prof di francese dell'Università (e questa sarebbe una lunga storia...) e sebbene non la conoscessi benissimo, l'emozione provata davanti a queste pagine mi ha sorpreso. Per me il suo nome corrispondeva a quello di una donna anziana, certamente un'artista (e sicuramente una (p)artigiana anche lei). Ma quando ho aperto questo volume del (per me) sconosciuto Federico De Maria mi sono vista davanti una giovane "studentessa in legge", in un pomeriggio di inizio primavera, con gli occhi pieni di speranza e il cuore pieno di sogni.








Mi era già successo di trovare (e fantasticare) su libri sottolineati, sulle dediche, sugli oggetti rimasti tra le pagine di libri di seconda mano, cercando di ricostruire le storie delle persone che li hanno posseduti, letti, scelti, amati, studiati... In particolare mi appassionano le dediche, nelle quali si nascondono e si rivelano legami forti o a volte anche solo formali, delle vere e proprie storie dentro la storia.
Ma se conosci la persona che possedeva il libro, le cose cambiano. Lei non c'è più, ma qualcosa di lei rimane tra queste pagine, senza morire almeno fin quando non si consumeranno.

Un po' quello che è successo ai libri dei miei nonni: destinati a rimanere chiusi, pena il loro disfacimento totale, forse inconsapevolmente il mio riusare le loro pagine è un modo per generare cose nuove, dare loro nuova vita.

E mi chiedo cosa succederà ai miei di libri: spero di essere abbastanza saggia da regalarli a coloro che amo o  a chi ne farà buon uso prima che altri debbano decidere per me. E i libri che ho regalato? Perché io so regalare solo libri, letteralmente, e avrò scritto centinaia di dediche nella mia vita... tracce di legami che toccherà a qualcun altro ricostruire...

Tra gli altri libri (questa volta non di A.M.A.) che ho trovato, mi sono incantata a ricordare l'emozione provata leggendo la prima volta, a quattordici anni, la poesia di Montale "La casa dei doganieri" (in un'antologia scolastica). L'ho ritrovata in una scompaginata edizione de Le occasioni, edizione Mondadori 1949).

Quel "Tu non ricordi" mi tormenta da una vita.